martedì 19 febbraio 2013

Santi Barsanufio e Giovanni


Santi monaci Barsanufio il grande e Giovanni il profeta

6 (19) febbraio

 

Questi due grandi asceti vissero durante il VI secolo mentre regnava l’imperatore Giustiniano I (483-565).

Barsanufio, detto il Grande Anziano del Deserto, visse sempre in completa solitudine presso il monastero di San Seridone sito nel deserto di Gaza (Palestina), esercitando la sua attività di direzione spirituale attraverso lo scambio di lettere e biglietti dettati al suo segretario, poi confluiti in un epistolario. Suo principale confratello e discepolo fu Giovanni detto il Profeta, abate del monastero di Merosala e maestro del celebre san Doroteo di Gaza, anch’egli autore di parte della corrispondenza. Dell’intero carteggio sono giunte a noi oltre 800 lettere che grande influenza hanno avuto sulla storia del monachesimo.

In queste Lettere Barsanufio è indicato come il Grande Anziano e Giovanni come l’altro Anziano. Cogliere nelle risposte dei due monaci una differenza sostanziale che ne metta in risalto la diversa personalità è assai difficile.... Più evidente e significativa però, è la perfetta concordia di visione spirituale nelle loro risposte che potrebbero, alla fine, essere dettate indifferentemente da Barsanufio o da Giovanni; lo prova il fatto che per alcune di esse non è accertato chi fra i due ne sia l’autore.

Nonostante la straordinarietà della vita e dei doni dei due reclusi, chi li accosta non prova il minimo senso di diffidenza o di estraneità, come nei confronti di una superiorità distaccata e inattingibile. Il loro discorso così discreto e comunicativo colpisce anche oggi; questo stile e ora l’espressione di un’alta e gioiosa tensione e vibrazione dello Spirito; ora è il tono di una carità ardente, ora è severo, ironico, oppure carico di una prudenza sapienziale che tonifica e sprona. Nella corrispondenza con Eutimio prevalgono forse severità e ironia; in quella con Andrea, se il rimprovero c’è, è sempre temperato, come di chi sa di rivolgersi a un anziano infermo; nelle lettere poi al celebre Doroteo si rivela una paternità particolarmente attenta e sollecita.

Due punti capitali possono aiutare a capire bene il discorso delle lettere dei due Anziani: il primo è la convinzione di non pronunziare parole proprie, ma parole di Dio per mezzo dello Spirito. È raro imbattersi in una risposta, per quanto breve, che non contenga almeno una citazione o un riferimento biblico o anche solo un modulo stilistico da cui è possibile risalire alla Parola ispirata.

Il secondo punto è che i consigli si rivolgono all’uomo interiore, o uomo dentro, come dice propriamente il testo. Si tratta del luogo dello Spirito Santo. C’è nell’uomo interiore una struttura profonda che genera l’agire esterno, ed è il suo rapporto con Dio solo, nell’amore e nella ricerca di lui. Il rapporto poi si dilata in quelle opere buone che chiamiamo ora umiltà ora obbedienza, ora pazienza e sopportazione e perseveranza ecc. Tutte queste opere esprimono e attualizzano la consapevolezza della propria nullità di fronte a Dio, di cui l’uomo vuole ripetere di continuo l’esperienza come l’occasione di un rinnovato amore con lui.

Le armi dell’uomo interiore sono diverse, ma tutte riconducibili ad una espressione caratteristica dei nostri due padri: “tagliare la volontà propria”. Il taglio della volontà è reso possibile da una sola disposizione dell’anima che è l’umiltà, la quale trova la sua applicazione più immediata nell’obbedienza e nella sottomissione, prima a Dio e poi agli uomini. Umiltà è considerare ogni uomo superiore a sé e stimarsi “terra e cenere” nei fatti e non solo nelle parole. In sostanza è avere verso di sé lo sguardo proprio del pubblicano evangelico, lontano da quella mania di giustificarsi che fa dire ogni volta: Ho parlato bene, ho pensato bene. Ma l’umiltà perfetta è sopportare ingiurie e oltraggi, come il Signore Gesù.

Prima però di giungere a questa perfezione, occorre “la fatica del cuore” che operi il discernimento dei pensieri. Vi sono esempi in queste lettere che lasciano intravedere la dinamica del rapporto maestro-discepolo proprio in relazione alla manifestazione dei pensieri, per cui il discepolo è guidato alla capacita di discernerli, o almeno di esaminarli e combatterli per prevenirne l’azione. Tuttavia il “discernimento dei pensieri” non va confuso con “la manifestazione dei pensieri”. Sarebbe sbagliato credere che il discepolo manifestasse i pensieri all’anziano anzitutto per ottenere un discernimento: in tal caso avrebbe rinunciato non alla volontà propria (scopo dell’apertura all’anziano) ma alla propria responsabilità. È utile ricordare che i padri del deserto, pur predicando l’abnegazione dell’io, non l’intendono come passività nel senso negativo del termine. Vi è un combattimento dove occorre perspicacia (essere più astuto del demonio) e impegno, volontà forte ed efficace. Quindi, il discepolo nell’obbedienza cordiale deve imparare l’uso della coscienza personale libera. Questa si muove da un lato secondo il precetto di non fare o prendere nulla secondo la passione e dall’altro nel tenere comunque conto delle proprie possibilità e limiti.

L’ascesi deve essere assolutamente sottoposta al criterio della discrezione. Ciò e conseguente all’affermazione così martellata della necessità imprescindibile di tagliare la volontà propria, poiché non c’è campo più favorevole allo spiegamento di forze del volontarismo, di quello dell’ascesi, soprattutto corporale, che può benissimo essere ancora un campo di affermazione di sé. Emblematica a tale riguardo è la risposta che Barsanufio dà all’anziano ammalato Andrea. Occorre rilevare nelle parole del grande Anziano che quanto viene concesso al corpo e comunque solo quanto esso esige per necessita naturale e non per il piacere. Non potendo digiunare, il monaco almeno riduca un tantino cibo e bevanda.

L’altro mezzo - oltre al discernimento degli spiriti - per l’abnegazione della volontà propria ha valore in quanto non è scelto dal soggetto: si tratta delle prove e delle tribolazioni. L’opera del monaco è “sostenere” le lotte e “resistere con cuore coraggioso”. L’arma per eccellenza è la preghiera incessante, nella compunzione del cuore. La preghiera essenziale, però, da un lato è quella della lotta, dall’altro quella che mira all’acquisto sicuro di tutto quanto è unicamente bene per l’uomo: far la volontà del Signore, amare gli altri, prendere la croce, avere un cuore di povero.

Ciò che gli Apoftegmi dei Padri ci lasciano soltanto intravedere in barlumi fuggitivi, in queste Lettere scorre sotto i nostri occhi come un film, mostrandoci gli aspetti più celati della vita ordinaria del monaco comune che persevera a passo a passo nel suo umile sforzo d’ascesi e preghiera, sostenuto dai consigli, dalle lezioni e dagli incoraggiamenti del suo padre in Dio. Appare insomma la “forma mentis” estremamente concreta, pratica dei nostri due abba. Si direbbe che le “regole” non siano loro tanto congeniali. In confronto Esichio è molto meno empirico; benché concreto e realista anche lui, in quanto non trascura l’ascesi in nome di un sospetto idealismo mistico, però il suo pensiero è più sistematico, con un piglio persino metafisico. Si sente l’influsso di Evagrio. Con Barsanufio e Giovanni di Gaza siamo invece nell’ambito degli individui concreti, dei comportamenti più circostanziati, dove emergono il sapore del vissuto e il sigillo di una lunga esperienza.


 

Tropario, tono 1

Mistiche lingue del Santo Spirito, arpe razionali di grazia da cui risuonano sublimi inni di discernimento che leniscono tutti i dolori e rallegrano le anime degli uomini, perché li avete mossi a rigettare il giogo delle passioni e calpestare la ripugnante testa di Satana. Perciò, divino Barsanufio e sapiente Giovanni, liberate quanti ora gridano: Gloria a Colui che vi ha dato la grazia! Gloria a Colui che vi ha benedetti! Gloria a Colui che ha salvato molti attraverso le vostre sante parole di consiglio!

 

Kontakion, tono 3

O Grande Barsanufio e tu Giovanni, profeta meraviglioso, tutti i segreti nascosti degli uomini e la dispensazione di Dio han splendidamente rifulso nei chiari specchi dei vostri purissimi cuori, e con raggi di grazia divina avete scacciato le ombre di peccato dalle anime degli uomini; o Padri, luci del discernimento, pregate il Signore per tutti noi.

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