giovedì 14 febbraio 2013

"Santa Brigida vergine d'Irlanda" di Luigi Beretta

 

SANTA BRIGIDA VERGINE D’IRLANDA

di Luigi Beretta

            

[…] Nacque a Leinster nel 453 circa, figlia di un certo Dubtiaco, e morì a Kildare verso il 524 nel monastero da lei stessa fondato. Ancora oggi è considerata la seconda patrona di quell’isola assieme a san Patrizio: i due probabilmente non si conobbero mai, ma è molto probabile che san Patrizio, con l’esempio della sua vita abbia avuto una influenza decisiva rispetto alla vocazione monacale di Brigida.

Di fatto ella rappresenta una delle più alte e significative espressioni della spiritualità che scaturì dalla conversione al cristianesimo delle popolazioni celtiche che abitavano l’Irlanda. Il suo nome tradisce chiaramente questa origine: Brigida è nome tipicamente celtico e precisamente significa “persona eccelsa, splendida, meravigliosa”. Fino al V secolo l’Irlanda era sostanzialmente rimasta isolata rispetto alle vicende che avevano agitato l’Europa sia durante l’espansione che all’apogeo della potenza di Roma. Con il disfacimento dell’impero romano nel V secolo paradossalmente i contatti tra l’Irlanda e la civiltà romana divennero più intensi. Ciò fu possibile perché il Papato assunse un ruolo sempre più attivo negli equilibri politici fra gli stati barbari, che stavano sorgendo, e la consolidata presenza dell’impero bizantino in oriente. L’attività del Papato era fondamentalmente tesa a creare le condizioni per l’evangelizzazione totale dell’Europa. Ed è proprio nel V secolo che il Papato intraprende la grande impresa di evangelizzare le isole britanniche e l’Irlanda.

Mentre in Inghilterra l’opera viene conclusa tardivamente dopo il 595, grazie all’attività di Agostino, poi vescovo di Canterbury, in Irlanda l’evangelizzazione, come ricorda il contemporaneo Prospero d’Aquitania (390-460) nella sua Cronaca, viene avviata molto presto nel 431 da Palladio, inviatovi come vescovo da papa Celestino I. Quando Palladio morì fu san Patrizio a venir designato vescovo e suo successore nel duro e difficile apostolato fra quelle popolazioni ancora largamente pagane. Siamo nel 432 d. C. e proprio mentre le invasioni barbariche infuriano sul continente, l’Irlanda si avvia a diventare un centro e una roccaforte della religiosità e della cultura cristiana, quella che sarà chiamata “l’isola dei santi e dei sapienti”. È a quest’epoca che risalgono gli insediamenti monastici di Glendalough e Clonmacnois nonchè il famoso calice di Ardagh.

Patrizio strutturò profondamente le comunità cristiane e fondò nuovi vescovadi nelle città irlandesi più importanti, fra cui Armagh (Ard Macha), la storica capitale ecclesiastica dell’intera Irlanda, di cui fu il primo vescovo (oggi nei territori dell’irlanda del Nord). Egli fu lo strumento grazie al quale si concretizzò nel V secolo la prima evangelizzazione del popolo irlandese, che avvenne, unico paese dell’Europa occidentale, senza martiri. Ciò fu possibile perché anche in Irlanda i missionari cercarono di far accogliere la dottrina cristiana con una modalità che la Chiesa ha consigliato da sempre e cioè ereditare e utilizzare i santuari e i templi pagani già esistenti sul posto, sostituendo ai vecchi idoli un nuovo tipo di culto ortodosso con l’insegnamento cristiano. Quanto a questo una lettera di Gregorio Magno del 601 è chiarissima, che, pur riferendosi alla evangelizzazione della vicina Inghilterra, è quanto mai plausibile sia stato applicato anche all’Irlanda: “Se quei templi in Inghilterra sono ben costruiti, è necessario che, dall’adorazione del demonio, essi passino al servizio del vero Dio; così che la nazione, vedendo che i suoi templi non vengono distrutti, possa rimuovere l’errore dal cuore; l’adorazione e la conoscenza del vero Dio avverrà più liberamente nei luoghi a cui il popolo è abituato”.

            Brigida dunque trascorse la sua infanzia e probabilmente tutta la sua vita in una società profondamente impregnata di cultura e cultualità celtica, che stava trapassando al senso religioso cristiano. Alcune leggende legate alla sua storia la fanno addirittura figlia di una donna che “era al servizio di un druido”, di un sacerdote cioè che amministrava l’antica religione dei celti. Non è neppure da escludere che costui, come altri druidi (druido = uomo molto sapiente) sia diventato sacerdote cristiano e abbia cercato di creare, come sovente accadde in quel secolo, un sistema monastico basato sui misteri druidici tradizionali. Religione cristiana e druidica convissero a lungo assieme ed è solo con il sinodo di Drumceatt del 547 che fu decretata l’espulsione e la condanna sia dei druidi che dei bardi, i celebri cantastorie celtici. Alcuni autori, in particolare John Sharkey, studioso dell’antica religione celtica, hanno insistito molto su una presunta stretta connessione di Brigida con il mondo cultuale-religioso arcaico celtico. Soprattutto si è cercato di riconoscere un preciso legame tra la Brigida cristiana e la dea madre Brighid della religione celtica.

Equivocando forse ai limiti del lecito sulla loro omonimia, si è infine voluto identificare le due Brigide. Analizzando il culto legato alla cosiddetta fontana di santa Brigida (St. Brigid’s Well) a Liscannor (Lios Ceannúir) nella contea di Clare, Sharkey testualmente scrive nel suo libro I misteri celtici, l’antica religione: “Molte fontane e sorgenti sono sacre da tempo immemorabile. Nonostante le trasformazioni degli oggetti di devozione e dei riti, l’atto di invocare la sorgente della vita non è mai stato dimenticato. Questa fontana un tempo era sacra alla dea madre Brigida che guariva con la potenza del fuoco e dell’acqua. Nel cristianesimo la dea si trasformò in santa Brigida, patrona del focolare, della casa e delle fontane sacre”.

Questa fontana, che è un tipico esempio dei pozzi sacri irlandesi dotati di virtù taumaturgiche la cui tradizione risale ai culti celtici, è meta di un pellegrinaggio l’ultima domenica di luglio (Una tradizione simile, con il culto delle acque, di origine celtica, sopravvive ancora ad esempio ai cosiddetti morti del Lavello a Bulciaghetto: nessuno però metterebbe in dubbio la cristianità del culto mariano locale). A sostegno di questa sua reinterpretazione antropologica della figura della santa, Sharkey ricorda alcuni episodi tratti da leggende popolari irlandesi, secondo i quali si narra che ella sia stata bruciata all’alba del 1 febbraio nel corso della festa di Imbolc, un episodio questo che ricorda un antico rituale celtico. Di qui l’ipotesi di una Brigida, santa cristiana, che si sostituisce alla arcaica triplice dea celtica che sovrintendeva alla nascita, alla vita e alla morte. Così la nuova Brigida diventa la santa patrona del focolare, della casa, delle fontane e delle guarigioni. A rinforzo di questa idea, Sharkey sottolinea che non è un caso che il suo monastero sia sorto intorno al fuoco sacro di Kildare, la cui fiamma perpetua venne fatta bruciare fino alle invasioni normanna e danese del XII-XIII secolo, quando fu spenta per ordine dell’arcivescovo di Dublino. Successivamente riacceso, avrebbe continuato a bruciare fino alla Riforma. La fiamma e il fuoco furono attributi propri della sua iconografia e sono ricordati anche in racconti agiografici cristiani. Un tempo questo santuario di Kildare era probabilmente sede di un oracolo celtico, simile a quello di Delfi, con la sua fiamma sacra e le sue acque curative.


 

L’inno a Brigida cantava: “Brigida, donna meravigliosa, fiamma improvvisa, fa che il fiero, splendido sole ci conduca all’ultimo regno”. Da un punto di vista strettamente storico la dea insulare Brighid, le cui leggende sono tuttora vive nella tradizione orale irlandese, viene descritta negli antichi testi come patrona della poesia e del sapere, dell’arte di guarire e dell’abilità artigianale. Tenendo conto dei mutamenti linguistici, il nome la identifica con Brigantï, latinizzato in Brigantia, l’esaltata, dea tutelare della potente tribù britannica dei Brigantes. Il suo nome ricorre ampiamente in denominazioni di luoghi e fiumi, il che è assai indicativo di un culto diffuso nell’Europa occidentale. È assai probabile che Brighid-Brigantï sia da equiparare alla Minerva gallica descritta da Cesare. Sull’argomento è invece più velato il giudizio dello storico irlandese Proinsias Mac Cana: “Cesare non ci ha trasmesso il nome gallico di Minerva, ma senza dubbio il suo più lampante equivalente insulare è la dea irlandese Brighid, che compì la memorabile impresa di diventare badessa (o per lo meno di essere assimilata alla badessa) del grande monastero di Kildare e la più celebre santa della chiesa irlandese, Brigida”.

Per parte nostra crediamo che queste leggende popolari hanno sicuramente un fondo di verità, ma non nel senso indicato da Sherkey. Vivendo in un’epoca, il V secolo, che vedeva il trapasso da una religione con rituali e devozioni celtiche ad una con la spiritualità nuova del cristianesimo, Brigida certamente provò in sé la crisi dei tempi. Ma Brigida, una fra le prime e più pure espressioni del cristianesimo irlandese - la sua verginità è un segno indelebile di appartenenza alla Chiesa di Cristo - proprio per questo fu un chiaro esempio del passaggio dal mondo spirituale druidico e celtico al mondo spirituale cristiano. La figura di Brigida inevitabilmente diventò il simbolo di questa trasformazione la cui eco non poteva mancare, e di fatto non manca, di riverberarsi nelle tradizioni orali popolari. Le fonti agiografiche cristiane ci presentano invece una Brigida che già sin da giovane manifestò attrazione per la vita monacale, alla quale fu avviata da san Malo, che la consacrò alla verginità. San Malo era un monaco nipote di san Patrizio, il leggendario evangelizzatore dell’Irlanda. Da san Patrizio Brigida ereditò il desiderio di impiantare un cristianesimo forte, virile, integrale, sensibile al rispetto dei deboli, caratteristiche queste che sono ancora oggi ben radicate e patrimonio comune del popolo irlandese. A Kildare, Cill Dara in celtico, che significa la chiesa della quercia, la chiesa del querceto, una località[1] poco discosta dall’attuale Dublino, in un’area ricca di testimonianze storiche celtiche, Brigida fondò verso il 490 un grandioso doppio monastero. Nella sua opera Conquest of Ireland, scritta nel 1189, Silvester Giraldus Cambrensis (nome d’arte di Gerald du Barri, gentiluomo di nobile lignaggio al servizio di Enrico II, re d’Inghilterra), ce ne ha lasciato un’ampia descrizione. Questa istituzione monastica, che fu soppressa al tempo di Enrico VIII, il primo re d’Inghilterra che ruppe la comunione con la Chiesa di Roma, si propagò rapidamente ed altri monasteri vennero fondati con la medesima regola. Oggi sul luogo di quel convento si eleva una magnifica cattedrale del XIII secolo, affiancata da una torre circolare del IX secolo. Accanto alla cattedrale e alle rovine del castello dei famosi conti di Kildare, i potenti Fitzgerald, sorgono oggi tre abbazie, una nera, una grigia e una bianca: Black Abbey, Grey Abbey e White Abbey. Il culto della santa, dopo la sua morte, conobbe una larga diffusione e ben presto dalle isole britanniche passò sul continente giungendo anche in Italia, portatovi probabilmente da monaci irlandesi o Scoti.

Le sue spoglie mortali furono conservate nel monastero di Kildare fino al IX secolo, quando, per vari motivi, le sue reliquie furono trasferite a Down Patrick, dove riposano anche le spoglie di san Patrizio. Durante il regno di Enrico VIII il suo capo fu trasferito a Lisbona e le altre parti del corpo a Honau in Alsazia. Una sua Vita fu scritta nel VII sec. da un certo Cogitoso. Egli afferma che a Saint Bridget fu innalzata sopra un vasto terreno e a grande altezza, una chiesa con assiti dipinti. Essa aveva all’interno tre spaziose cappelle, divise l’una dall’altra da tramezzi, tutte sotto l’unico tetto della grande chiesa. Il monastero annesso costituì per lungo tempo un centro non solo di spiritualità, ma anche di cultura. Kildare era uno dei tanti monasteri irlandesi, che nel VII, VIII, IX secolo erano diventati centri di insegnamento in grado di attirare molti monaci dalla Britannia, dalla Gallia e anche Romani che avevano conosciuto la santità e la cultura che san Patrizio ma soprattutto san Colombano[2], compaesano di Brigida nonché fondatore del monastero di Bobbio, ed i suoi seguaci avevano diffuso sul continente. A Clonmacnoise, Armagh, Glendalough, Kildare, Ferns e altrove erano sorte grandi scuole alloggiate in oratori e celle in legno di quercia con cucine e chiese di pietra più tardi munite di torri rotonde, i cui resti sono ancora visibili oggi, sia pure parzialmente. Fra il VI e il IX secolo i monaci irlandesi percorrono in lungo e in largo l’Europa altomedioevale e erigono ovunque monasteri. Tra i più famosi ricordiamo quelli fondati da san Gall a San Gallo in Svizzera, da san Colombano a Bobbio in Italia, da san Killian a Wurzburg in Germania e altri ancora fino a Luxeuil e a Kiev. Negli scriptoria irlandesi, i monaci trascrivono le grandi saghe celtiche e riproducono i testi sacri in splendidi volumi miniati, i famosi Book of Kells. Solo verso l’800 con le invasioni scandinave, dei Vikinghi prima e dei Danesi poi, si chiude questa splendida età di preziose testimonianze cristiane missionarie. In questo periodo altomedioevale la vita di santa Brigida fu oggetto di vari racconti, che contribuirono a diffondere il suo culto. Fra i diversi esempi, spesso di grande intensità emotiva, è famoso un testo medioevale, che ne esaltava le virtù agiografiche. Si tratta di un brano tratto da un Legendario di Santi della fine del XIII secolo scritto da un vescovo genovese, un certo Jacopo da Varagine. È la famosa Legenda Aurea, che fu diffusissima nel tardo medioevo e che ebbe un grande influsso sulla devozione popolare, specialmente nella definizione e nella attribuzione ai santi di simbologie speciali e di qualità taumaturgiche specifiche.

Narra dunque Jacopo da Varagine che: “La vergine santa Brigida diede splendore alla Scozia con la santità e coi miracoli. Nacque da genitori pii e nobili e fin dalla sua infanzia si distinse per la sua purezza e per l’applicazione alle cose celesti, fece progressi continui nella virtù. La madre un giorno l’aveva mandata a prendere il burro fatto col latte delle loro vacche, come è abitudine delle contadine del paese, ma Brigida, praticando l’ospitalità e più desiderosa di piacere a Dio che agli uomini donò ai poveri e ai forestieri molto burro e molto latte. Giunto il momento in cui ciascuno doveva rendere conto del raccolto fruttato dalla vacche le sue compagne portarono quel che avevano radunato, ma ella restò tutta dolente, perché, avendo dato via tutto, non aveva nulla da presentare. Temendo lo sdegno della madre si rivolse con fervida preghiera al Signore e Dio la esaudì perché si trovò ad avere più burro di tutte le sue compagne e lo presentò alla madre. Poco dopo i genitori vollero che ella si sposasse, ma lei, ispirata dal cielo, aveva deciso di conservare la sua verginità e di consacrarsi a Gesù Cristo. Andò perciò da un pio vescovo il quale le mise un velo bianco ed un mantello dello stesso colore e quindi accolse il voto di verginità.

Quando ella ebbe fatto il suo voto discese i gradini dell’altare e prostratasi in preghiera, appoggiò la fronte sull’ultimo gradino, che, essendo di legno, improvvisamente fiorì e tuttora lo si può vedere: intorno ad esso si compiono continuamente prodigi. Certi lebbrosi chiesero a Brigida della birra, ma ella, che non ne aveva, prese dell’acqua limpida e dopo averla benedetta la distribuì loro, che gustarono della birra eccellente al posto dell’acqua. Per esaudire la richiesta di uno che le aveva domandato del sale, cambiò in sale un sasso. Alcuni rubarono dei buoi, ma nel passare il fiume si annegarono ed i buoi tornati alla sponda andarono sani e salvi dalla loro padrona. Si addormentò nel Signore dopo che questi per la intercessione di lei ebbe operato numerosi miracoli”.

            […]

Nell’alto medioevo non solo i monaci ma anche i pazienti amanuensi dei monasteri irlandesi intrapresero la via dell’Europa. In un primo tempo, nei secoli VI-VII, piccoli nuclei di amanuensi e letterati attraversarono la Manica richiesti per le loro capacità di creare scriptoria di alto pregio, ma dopo l’anno 800 si assiste a una tumultuosa diaspora in seguito alle invasioni vikinghe e danesi che occuparono gran parte dell’isola. Alcuni di essi finirono anche a Milano. Vari episodi attestano la presenza di letterati irlandesi in questa città nel IX sec. Ad esempio il Codice 363 della Biblioteca Comunale di Berna fu compilato in scrittura irlandese da una colonia di cosiddetti “Scoti” a Milano. Utilissima è anche la testimonianza di un anonimo, che, salutando il ritorno in città da Roma dell’arcivescovo Angilberto II, lo esorta a non dimenticare la colonia irlandese, scrivendo: “Collige Scottigenas, speculator sophos. Te legat onnipotens, collige Scottigenas”[3]. La presenza di monaci irlandesi nel milanese era comunque di antica data e risaliva a san Colombano il fondatore del monastero di Bobbio. Per quanto sia difficile definire il ruolo svolto dal monachesimo “scoto” nell’azione missionaria tra gli ariani longobardi, non v’è dubbio che intensa fu l’opera da essi perseguita tra il 612 e il 615 sotto la guida di san Colombano, che aveva fatto di Bobbio il loro centro di irradiazione. Secondo la testimonianza di Iona, il biografo del grande abate irlandese, un ruolo certamente vi fu, che si sviluppò dapprima a Milano e a Pavia e che si concretizzò poi nella pubblicazione di un libello apologetico contro le dottrine antinicene (Jonas, Vita Columbani et Discipulorum eius, I, 35). San Colombano intervenne anche nella controversia dello scisma tricapitolino e fece propria l’ansia per l’ortodossia presente nei vescovi milanesi e nella corte regia, tanto che indirizzò una lunga lettera al papa romano Bonifacio IV per invitarlo ad un sinodo di chiarificazione. L’attività missionaria di questi monaci irlandesi per compattare la religiosità del popolo quasi certamente fece ricorso al culto di santi la cui vita si prestava a questo scopo e fra i preferiti probabilmente qualcuno proveniva dalla tradizione irlandese. È in questo contesto che va considerato lo svilupparsi del culto a santa Brigida non solo in Europa ma anche in Italia. La diffusione del suo culto in Italia probabilmente ha un forte incremento nel IX secolo durante l’età carolingia, quando lo stato centrale si assunse il compito di consolidare il cristianesimo e la pace in Europa, facendo leva sull’aiuto offerto dai monasteri e dai monaci, fra cui sicuramente vanno annoverati i profughi irlandesi.

 



[1] Cill Dara, ab. 4196 (1995), è un antico insediamento nell’entroterra di Dublino, connesso a un cenobio fondato attorno al 490 da santa Brigida. La città divenne famosa a partire dal XII secolo come caposaldo dell’importante famiglia dei Fitzgerald, conti di Kildare. Tuttavia dovettero cedere nel ‘500 all’inasprirsi del controllo britannico sull’isola, dopo che Silken Thomas Fitzgerald fu tradito a Maynooth. Il toponimo è anche un diffuso cognome irlandese e americano. La St. Brigid’s Cathedral, la cattedrale della Church of Ireland (riformata), è un sito religioso di antiche origini. Cominciò ad assumere le forme attuali a partire dal 1229, ma fu ampliata a fine ‘400, semidistrutta a metà ‘600, ricostruita nel coro pochi decenni dopo, infine pesantemente ristrutturata a partire dal 1875 a cura di Georges Edmund Street, che negli stessi anni stava restaurando la Christ Church dublinese. Al suo interno è collocato il sarcofago del vescovo Wellesley (1539) uno dei capolavori della scultura irlandese del ‘500.
[2] Colombano si chiamava più precisamente Coloman o Colman. Nacque a Leinster nel 540. Da giovane lasciò la famiglia per entrare nel monastero di Bangor. Tuttavia la sua natura irrequieta e avventurosa lo indusse, assieme a 12 compagni, a prendere la via del continente. Nel 589 passò per la Francia in pieno sfacelo politico per la decadenza della dinastia merovingia. Riuscì a ottenere dal re Gontrano una località deserta dei Vosgi fondando un monastero ad Annegray, che ben presto si propagò a Luxeuil e a Fontaine per il continuo affluire di monaci. Per questi monasteri Colombano dettò una regola che rispecchia la sua forte ed austera personalità: obbedienza assoluta, rinuncia perfetta al mondo e a sé, severe penitenze e digiuni, lunghe salmodie. Tuttavia l’ostilità del clero e di Brunechilde, successa a Gontrano e a Childerico, e alla quale Colombano rinfacciava apertamente la vita dissoluta, lo costrinsero a partire. Dopo varie peregrinazioni in Germania e in Svizzera (dove lasciò il discepolo san Gallo), venne infine in Italia, dove ricevette in donazione da Agilulfo e Teodolinda un territorio nella valle della Trebbia a Bobbio. Qui fondò il suo ultimo monastero, dove morì nel 615. L’abbazia di Bobbio fu nel medioevo un faro di santità e di cultura, lì prosperarono le famose scuole calligrafiche, dette scriptoria, da cui provennero straordinari codici nella caratteristica scrittura delle isole occidentali.
[3] Cfr. FRANCESCO NOVATI, Le origini, Milano 1926, 150 e MANITIUS, Geschichte des lateinischen, in «Literature des Mittelalters», Monaco 1911-1923, I, 315-317.
 

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