martedì 26 febbraio 2013

Dall’Omelia II di san Giovanni Crisostomo




Settimana del Fariseo e del Pubblicano

 

Dall’Omelia II di san Giovanni Crisostomo

La penitenza, Om. 2, 4-5

 

Ho descritto molte forme di penitenza per renderti facile l’accesso alla salvezza attraverso la varietà delle vie. Qual è dunque la terza via? L’umiltà: sii umile e avrai sciolto i legami del peccato. Anche di questo ci porta una prova la Scrittura nel racconto del pubblicano e del fariseo. Salirono al tempio, dice, un fariseo e un pubblicano per pregare e il fariseo cominciò a elencare le sue virtù, Io non sono, disse, peccatore come gli altri, né come questo pubblicano. Misera e infelice anima: hai condannato tutto il mondo, perché hai contristato anche il tuo prossimo? Non ti bastava tutto il mondo senza voler condannare anche quel pubblicano?

E che fece il pubblicano? Adorò a capo chino con gli occhi fissi in terra, dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore», (Lc 18, 13) e poiché si mostrò umile fu giustificato.

Quando dunque il fariseo uscì dal tempio aveva perduto la sua giustizia, il pubblicano invece l’aveva ottenuta: le sue parole furono più forti delle opere. Quello, nonostante le sue opere, perse la giustizia; questo invece con parole di umiltà la conquistò, benché la sua non fosse propriamente umiltà. Infatti è umiltà quando uno che è grande si fa piccolo; l’atteggiamento del pubblicano non fu umiltà, ma verità: erano vere quelle parole, perché egli era peccatore. Chi peggiore di un pubblicano? Cercava il suo vantaggio nelle disgrazie del prossimo, approfittava delle fatiche altrui e senza rispetto per le loro pene giungeva a procurarsi il guadagno. È dunque grandissimo il peccato del pubblicano. Perciò se il pubblicano, pur essendo peccatore, dando prova di umiltà ha ricevuto così gran dono, quanto maggiore potrà riceverlo chi sia virtuoso e umile? Se riconosci i tuoi peccati e sei umile, diventi giusto.

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