martedì 8 gennaio 2013

Sinassi della Tuttasanta Madre di Dio

Madre di Dio della Bognatica (Castelli Calepio)


Secondo giorno della festa della Natività

Sinassi della Tuttasanta Madre di Dio

26 dicembre (8 gennaio)

 

       Il giorno dopo la Natività di Cristo si celebra la Sinassi della Tuttasanta Madre di Dio, insieme a Lei si fa memoria anche di san Giuseppe il Promesso Sposo, del re Davide (antenato nella carne del Signore Gesù Cristo), e di san Giacomo il fratello del Signore, un figlio del primo matrimonio di san Giuseppe. San Giacomo accompagnò il padre Giuseppe, la Madre di Dio e il Divino Bambino Gesù, durante la fuga in Egitto.

 

La Sinassi della Tuttasanta Theotokos: Il secondo giorno della festa si celebra la Sinassi della Santissima Theotokos. Abbinando gli inni della Natività con quelli che celebrano la Madre di Dio, la Chiesa indica Maria come colei attraverso cui l’incarnazione è stata resa possibile. La sua umanità - concretamente e storicamente - è l’umanità che ha ricevuto da Maria. Il suo corpo è, prima di tutto, il corpo di lei. La sua vita è la di lei vita. Questa festa, l’assemblea in onore della Madre di Dio, è probabilmente la festa più antica di Maria nella tradizione cristiana, fin dall’inizio della sua venerazione da parte della Chiesa.

I sei giorni di post-festa portano a concludere il periodo di Natale il 31 dicembre. Nei servizi di tutti questi giorni, la Chiesa ripete gli inni e i canti che glorificano l’Incarnazione di Cristo, ricordandoci che la fonte e il fondamento della nostra salvezza è solo quello di essere trovati in Colui che, come Dio prima dei secoli, è entrato in questo mondo e per noi è "nato come un bambino"”.

 

Padre Alexander Schmemann, I servizi di Natale (1981)

 

 

Dai Sermoni di san Massimo di Torino

61b, 2-3

 
Nasce dunque Cristo, salvezza per tutti, che i profeti dichiarano re delle genti; nasce da una vergine, come afferma Isaia con queste parole: Ecco, una vergine concepirà nel grembo e partorirà un figlio, e lo chiameranno col nome di Emanuele, che significa Dio con noi (Is 7, 14). Il modo in cui nacque dimostra la verità del Signore: concepì una vergine ignara di rapporti con l’uomo, il grembo si riempie senza essere stato sfiorato da amplesso di sorta e il ventre casto accoglie lo Spirito Santo che le pure membra custodirono e il corpo senza macchia portò con sé. Vedete il prodigio  della Madre del Signore: è vergine quando concepisce, vergine quando partorisce, vergine dopo il parto. Gloriosa verginità ed eccelsa fecondità! Nasce la potenza del mondo, e la partoriente non geme; si svuota l’utero, è raccolto il bimbo, e tuttavia la verginità non è violata. Era giusto, infatti, che per la nascita di un Dio crescesse il pregio della castità e non ne fosse violata l’integrità dalla nascita di Colui che dà la verginità del battesimo ai corrotti. Il bimbo nato è posto in una mangiatoia, e  questa  è  la  prima  culla  di  Dio;    si  offende per queste ristrettezze il Re del cielo, che aveva abitato un ventre verginale. Maria fu certamente un’abitazione degna per Cristo, non per la condizione del corpo, ma per la grazia verginale. Dunque, sgravata del felice peso, Maria lieta si riconosce madre, mentre non si sa moglie; ed è gloriosa della prole, mentre è ignara del marito; e si meraviglia di aver generato un bimbo, quando attesta di aver accolto lo Spirito Santo; e non è atterrita di aver partorito prima delle nozze, perché ha la testimonianza della verginità e della prole. La prole, infatti, indica Dio come padre, la verginità scusa il sospetto di chi si stupiva: da un lato la Divinità rende testimonianza alla verginità, dall’altro il segreto alla natura. La Divinità, ripeto, rende testimonianza al parto verginale; infatti, affinché Cristo sia concepito, Maria, secondo il preannuncio del Vangelo, è riempita della grazia dello Spirito Santo, è adombrata dalla potenza di Dio Padre, come le fu detto: Lo  Spirito  Santo  scenderà  su  di  te  e  la potenza dell’Altissimo ti adombrerà, e perciò ciò che nascerà da te sarà chiamato santo, Figlio di Dio.

Nella nascita del Salvatore, dunque, si è compiuta quella disposizione divina che dice: Ogni affermazione si fonderà su due o tre testimoni (Dt 19, 15). Ecco infatti il Verbo di Dio nasce secondo la testimonianza della Trinità. Certamente nel grembo della santa Maria, quando scende lo Spirito Santo, quando l’Altissimo stende la sua ombra, quando Cristo è generato, è contenuta la professione di fede. Era conveniente, infatti, che la Madre, che avrebbe partorito la salvezza per le genti, prima confermasse nelle sue viscere il mistero della Trinità, e noi comprendiamo che il mistero della fede era stato confermato prima della nascita del Salvatore. Maria, per così  dire, nel sacrario del suo ventre portò col mistero il sacerdote. Infatti tutto ciò che doveva giovare al mondo uscì interamente dal suo ventre, Dio, il sacerdote e la vittima: il Dio della risurrezione, il sacerdote dell’offerta, la vittima della passione. E tutto questo riconosciamo in Cristo. È Dio, infatti, perché ritornò al Padre, pontefice perché offrì se stesso, vittima perché fu ucciso  per noi. Direi che il grembo di Maria non fu un grembo, ma un tempio. È certo un tempio quello in cui abita tutto ciò che di santo si trova in cielo, se non che deve essere ritenuto superiore ai cieli...

Superiore ai cieli certamente deve essere ritenuto il grembo di Maria, perché rinviò al cielo il Figlio di Dio più glorioso di quanto fosse quando discese dal cielo. Dal cielo, infatti, venne per patire, dalla terra tornò per regnare; dal cielo discese umiliato nell’uomo, dalla terra salì glorificato al Padre. Senza dubbio è migliore il tempio del corpo che quello del cielo. Infatti in questo assiso Cristo è terribile, in quello è mansueto; in questo è invisibile, in quello è visibile e palpabile; in questo punisce i peccati, in quello li perdona; in questo esercita il potere di giudice, in quello esorta con l’amore di un fratello. E perciò è bene per noi adorarlo quando ci invita, perché possiamo non temerlo quando ci giudica.

 

 
 S. Giorgio in Lemine, La natività di Cristo


Dalla Lettera ad Epitteto di sant’Atanasio il grande arcivescovo di Alessandria

PG 26,1058. 1062-1066
 

Il Verbo di Dio, come dice l’Apostolo, della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli (Eb 2, 16. 17) e prendere un corpo simile al nostro. Per questo Maria ebbe la sua esistenza nel mondo, perché da lei Cristo prendesse questo corpo e lo offrisse, in quanto suo, per noi.

Perciò la Scrittura quando parla della nascita del Cristo dice: Lo avvolse in fasce (Lc 2, 7). Per questo fu detto beato il seno da cui prese il latte. Quando la madre diede alla luce il Salvatore, egli fu offerto in sacrificio.

Gabriele aveva dato l’annunzio a Maria con cautela e delicatezza. Però non le disse semplicemente colui che nascerà in te, perché non si pensasse a un corpo estraneo a lei, ma: da te (cfr. Lc 1, 35), perché si sapesse che colui che ella dava al mondo aveva origine proprio da lei.

Il Verbo, assunto in sé ciò che era nostro, lo offrì in sacrificio e lo distrusse con la morte. Poi rivestì noi della sua condizione, secondo quanto dice l’Apostolo: Bisogna che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e che questo corpo mortale si vesta di immortalità (cfr. 1 Cor 15, 53).

Tuttavia ciò non è certo un mito, come alcuni vanno dicendo. Lungi da noi un tale pensiero. Il nostro Salvatore fu veramente uomo e da ciò venne la salvezza di tutta l’umanità. In nessuna maniera la nostra salvezza si può dire fittizia. Egli salvò tutto l’uomo, corpo e anima. La salvezza si è realizzata nello stesso Verbo.

Veramente umana era la natura che nacque da Maria, secondo le Scritture, e reale, cioè umano, era il corpo del Signore; vero, perché del tutto identico al nostro; infatti Maria è nostra sorella poiché tutti abbiamo origine in Adamo.

Ciò che leggiamo in Giovanni il Verbo si fece carne (Gv 1, 14), ha dunque questo significato, poiché si interpreta come altre parole simili.

Sta scritto infatti in Paolo: Cristo per noi divenne lui stesso maledizione (cfr. Gal 3, 13). L’uomo in questa intima unione del Verbo ricevette una ricchezza enorme: dalla condizione di mortalità divenne immortale; mentre era legato alla vita fisica, divenne partecipe dello Spirito; anche se fatto di terra, è entrato nel regno del cielo.

Benché il Verbo abbia preso un corpo mortale da Maria, la Trinità è rimasta in sé stessa qual era, senza sorta di aggiunte o sottrazioni. È rimasta assoluta perfezione: Trinità e unica divinità. E così nella Chiesa si proclama un solo Dio nel Padre e nel Verbo.

 

 

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