lunedì 19 novembre 2012

La chiesa di san Leonardo a Bergamo




È posta all’incrocio di due tra le più celebrate vie dello shopping cittadino, via XX Settembre e via Sant’Alessandro, eppure il più delle volte ci si passa davanti e non lo si nota. Stiamo parlando della chiesa di San Leonardo, quasi sicuramente la più vecchia della città bassa. Anticamente nella zona pare sorgessero dei templi dedicati a Plutone e Bacco, e via Broseta era il luogo dove si facevano sacrifici a Priapo e a molte altre divinità pagane. La presenza di un edificio destinato al culto cristiano è datata prima dell’anno Mille, segno dell’avvenuto superamento dei culti pagani: solo nel 1017 questo venne però dedicato a San Leonardo, protettore dei carcerati. Come per molte altre chiese dell’epoca, vi fu annesso un ospedale: la zona era però pressoché disabitata. A metà del 1200 Borgo San Leonardo conobbe uno sviluppo, causato dalla sua vicinanza ad importanti arterie stradali: la zona si popolò notevolmente, assumendo però quell’aspetto di borgo a forte caratterizzazione popolare che lo contraddistinguerà sempre.

Il Vescovo Guala, nel 1171, affidò la gestione della chiesa e dell’annesso ospedale all’ordine dei Crociferi (il loro stemma, tre croci, è ancora visibile in qualche capitello del chiostro interno al complesso, oggi di proprietà del Credito Bergamasco), con il compito di curare pellegrini, infermi (in particolare i reduci delle crociate) e i bambini abbandonati. In quest’ultimo servizio Bergamo si dimostrò all’avanguardia, preceduta, solo da Milano: embrione di una spiccata tendenza all’impiego sociale. Nel 1495 il vescovo Giovanni Barozzi decretò l’unione di tutti i piccoli ospedali esistenti in

città, ben dodici, in un’unica struttura: nacque l’ospedale grande di San Marco (sull’area dell’attuale piazza della Libertà). Conseguentemente cessò anche la funzione dell’ospedale annesso alla chiesa di San Leonardo. I Crociferi continuarono comunque ad occuparsi di San Leonardo fino al 1656, anno della soppressione dell’ordine da parte di Papa Alessandro VII: la chiesa divenne rifugio per diversi esponenti di famiglie guelfe e ghibelline, durante la diatribe che colpirono anche Bergamo, e al suo interno avvennero anche fatti sanguinosi, come l’uccisione del Priore e di altri frati. E non poteva mancare nemmeno il miracolo (e non sarà l’unico), avente come protagonista, manco a dirlo, un’immagine della Vergine: il fatto avvenne nel 1613, allorquando, da sotto la calce che imbiancava i muri della chiesa, (era difatti d’uso coprire le pareti di calce dopo ogni pestilenza per scongiurare il rischio di epidemie e disinfettare gli ambienti) apparve d’improvviso un’immagine da molti anni celata. Le autorità ecclesiastiche, per evitare di dare corso a situazioni di fanatismo e di esaltazione religiosa, decisero di coprirla con una mano di calce. Fu tutto inutile, i fedeli la riportarono nuovamente alla luce: il vescovo la occultò allora con tavole di legno, ma non poté evitare che attorno all’immagine si sviluppasse una forma di devozione popolare. L’epilogo della storia è datato 1618, quando la Sacra Congregazione Romana (alla quale nel frattempo era stato sottoposto il caso) decidette di far scoprire l’immagine e consentirne la devozione dei fedeli. Passando per un attimo all’aspetto artistico, è interessante rilevare che gli affreschi visibili oggi nella chiesa (in fondo e nel campanile) e nel corridoio della sacrestia risalgono all’epoca dei Crociferi, così come il bel chiostro interno. Nel 1682 la Congregazione dei Somaschi acquistò chiesa e annesso convento per 6000 ducati: quest’ordine, fondato da San Gerolamo Miani, aveva fatto il suo ingresso in città cinquant’anni prima, con il compito di curare scuole pubbliche, ma con il preciso vincolo di non fabbricare nuove chiese. Fu così che i Somaschi rilevarono i beni del soppresso ordine dei Crociferi: la chiesa e il convento vennero rinnovati, assumendo l’aspetto attuale. Il loro stemma (Cristo che porta la croce) è posto sopra l’ingresso del chiostro, a destra della facciata della chiesa. L’ordine si dedicò quindi ai suoi compiti didattici, tenendo lezioni di scuola elementare gratuita peri bambini del borgo: ma i rapporti con gli abitanti, e in particolare con la Vicinia, non furono sempre del tutto pacifici. Il casus belli fu la presenza del portico davanti alla struttura (venne demolito nel 1911) di proprietà della Vicinia che era solita affittarlo anche ai mercanti per la vendita delle derrate: i motivi di contrasto con i Somaschi sono facilmente intuibili. Tra 1’altro le adunanze della Vicinia si tenevano nei locali del convento e per radunare i partecipanti si utilizzavano normalmente le campane della chiesa. Questo finché i Somaschi non si ribellarono e portarono la questione dinanzi al governo veneto (una sorta di lite condominiale modello Forum) che optò a loro favore. Gli avvenimenti della rivoluzione francese travolsero anche la congregazione e qui avvenne un fatto singolare: un chierico dell’ordine si distinse per il suo fervente appoggio ai moti rivoluzionari e all’avanzata francese, sostenendo che erano addirittura previsti da San Matteo in persona. I veneziani (ancora per poco signori della città) lo tradussero a Venezia e lo condannarono come disfattista nonostante il tentativo dei confratelli di San Leonardo di farlo passare come interdetto. I francesi arrivarono in città e gli esiti per gli ordini religiosi non furono certamente dei migliori: venne infatti decisa la loro soppressione e la confisca dei beni. I Somaschi non fecero eccezione e il complesso di San Leonardo venne venduto nel 1802 ad un tal Magni che pensò si demolirlo e di ricavarne delle botteghe. E qui ecco il miracolo (e due!): al momento di demolire l’altare di San Gerolamo Miani, una forte scossa di terremoto colpì la città. Gli abitanti del Borgo inferociti, incolparono il Magni e misero in fuga gli operai: dovettero intervenire i francesi per riportare la calma e difendere il Magni che nel frattempo decise, causa forza maggiore, di rinunciare al progetto. La chiesa venne riacquistata da alcuni facoltosi abitanti e donata alla parrocchia di Sant’Alessandro come sussidiaria, suo attuale destino. Ma non finisce qui, nel 1803 vi fu la sua riapertura solenne e nei festeggiamenti seguenti sparirono ben sette tele (tra cui quelle del Talpino e del Ceresa) e nientemeno che una colonna ornata che reggeva l’acquasantiera. E veniamo ai nostri giorni, dopo la demolizione del portico nel 1911, vennero valorizzati l’antico portale, il bel rosone centrale e le due finestre laterali. In un restauro del 1940 si scoprirono lungo il lato di via XX Settembre le vecchie finestre esterne, ma il loro cattivo stato convinse gli addetti a ricoprirle nuovamente con l’intonaco. Solo pochi anni fa (1988-89) un accurato intervento ha permesso di riscoprire le varie fasi dell’edificazione di San Leonardo: sempre lungo la via XX Settembre si possono vedere oggi le vecchie finestre in arenaria altre ancora ad arco, murate ma ben visibili, e infine la parte alta, quella più recente. I differenti momenti della costruzione della chiesa appaiono ora evidenti: innanzitutto la parte in arenaria che comprende il trecentesco portale e il quattrocentesco rosone. Nell’ordine superiore le aggiunte settecentesche, assolutamente ben definite e separabili dal restante, tra le quali spiccano le statue delle nicchie della facciata, raffiguranti San Gerolamo Miani e San Leonardo. L’interno è parecchio cupo, a causa di un’illuminazione talmente scarsa da risultare praticamente inesistente: l’intervento e la cura dei sacerdoti in questi ultimi anni ha comunque migliorato la situazione dell’edificio, che oggi appare almeno pulito e ordinato, davvero trascurato in passato. Tra le opere presenti (o meglio, sopravissute) segnaliamo tele del Cifrondi, dello Zugno e del Gaudenzi e la nicchia con la statua della Vergine.¹

 

Tratto da: ¹ Dino Nikpalj, “San Leonardo”, Qui Bergamo: mensile della città, Anno 5°, n. 41, Edita Consult, Bagnatica (Bg), Settembre 1996, pagg. da 62 a 64.

 

 
 
Per approfondire consigliamo la lettura di:
San Leonardo: un santo, una chiesa, una comunità, un borgo
 
 
 

Libro che ripercorre la storia della chiesa di S. Leonardo. Gli autori dei testi sono Gianni Barachetti, Silvio Maffioletti e Gino Viviani, Riccardo Buono ha curato la fotografia e Davide Tontini la ricerca storiografica, tutto con la coordinazione di Giacomo Rota.

 
 

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