mercoledì 24 ottobre 2012

"Kirye, eleison (quaranta volte)…" del metropolita Emilianòs Timiadis





Kirye, eleison (quaranta volte)…

 
del metropolita Emilianòs Timiadis

 

 

            Kyrie, eleison! Lo sentiamo così spesso. Lo pronunciamo così spesso. Esso ricapitola, forse, il carattere basilare della vita spirituale ortodossa e il fondamento del pentimento. In ogni ufficiatura della nostra vita liturgica non solo non è assente, ma viene spesso ripetuto. Lo incontriamo dovunque, sia nella Divina Liturgia che negli eventi felici o tristi dell’esistenza cantati dalla nostra Chiesa: nozze, battesimi, commemorazioni funebri, esequie…

            Qualunque sia la richiesta indirizzata al Dio trinitario, e in qualunque circostanza, tale grido di supplica non può mancare.

            L’assemblea ecclesiale risponderà con il Kyrie, eleison ad ogni implorazione e preghiera.

            Chi lo pronuncia, persino nella solitudine o nella notte, in ore di insonnia o di difficoltà, e lo ripete con compunzione, penetrando nelle sue parole, può vedere i cieli aperti e Dio chinarsi al suo grido. Constaterà, allora, il miracolo della preghiera, quanta potenza essa celi e quanto attiri la misericordia di Dio. Perché tali sono gli attributi di Lui: pietoso, filantropo, compassionevole, longanime, ricco di misericordia e bontà.

            Con tale antichissima domanda liturgica del Kyrie, eleison, non aggiungiamo, da parte nostra, nessun valore o grazia a Dio, che è, per sua natura, perfetto e santissimo. Di conseguenza, dicendo Kyrie, eleison, noi, i caduti, i poveri, i nudi e privi di forza sufficiente nella lotta titanica contro il male, rendiamo un servizio a noi stessi.

            Quanti fanno vita ascetica e ripetono 40 volte, se non di più, il Kyrie, eleison, che è la nota preghiera del cuore (o noerà), sentono immancabilmente la sua azione tonificante.

            Quanti pregano con lacrime, “dal profondo”, vedono forze insperate zampillare dentro di loro.

            Questa ripetizione frequente, per non dire incessante, del Kyrie, eleison riveste, in aggiunta, una finalità pedagogica. Perché in tal modo persino i più distratti possono entrare nel loro intimo e giudicare errori, cadute, irregolarità, colpe. Possono allora cominciare a comprendere quanto affermavano i Padri sulla preghiera del cuore, la preghiera composta delle due parole basilari per la nostra fede, la preghiera che è il compendio di tutte le preghiere.

            San Giovanni Crisostomo, pieno di meraviglia per il perdono immediato prodotto da queste due parole, commenta: “Sospira amaramente. Ricorda i tuoi peccati, alza lo sguardo al cielo, di’ dentro di te Pietà di me, o Dio, e la tua preghiera sarà completa. Poiché colui che ha detto Pietà si è confessato e ha acquisito conoscenza dei suoi personali peccati. In effetti, il perdono spetta ai peccatori. Chi ha detto Pietà di me ha ottenuto la remissione per i suoi errori e chi ha ricevuto pietà non è soggetto a castigo. Chi ha detto Pietà di me ha guadagnato il regno dei cieli, poiché colui cui Dio fa misericordia non viene solo liberato dal castigo dell’inferno, ma viene anche reso degno dei godimenti futuri” (PG 54, 667).

            Ogni persona reciti con fede e umiltà il Kyrie, eleison. Non esitiamo a rivolgerlo a Dio persino nel momento della nostra morte. Finché viviamo ed affrontiamo le difficoltà, i pericoli e le passioni della vita, ci è necessario il Kyrie, eleison.

Ma quando tutte queste realtà cesseranno e ci troveremo in quel porto cui siamo destinati, il porto del nostro riposo, ove non esiste “dolore, tribolazione  e gemito, ma vita senza fine”, allora potremo, oramai, unire le nostre voci alle dossologie incessanti degli angeli del Signore e cantare all’onnipotente creatore e Dio nostro: “Alleluia!”.

 

 

Da: E. TIMIADIS, “Pietà di me, o Dio”. Il pentimento di Davide nel Salmo 50, Katerini 1991, 137-139. [in greco].

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